Resident Evil : Welcome to Raccoon City

-Al cinema dal 25 novembre

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  1. ~Noah~
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    CITAZIONE
    Resident Evil: Welcome to Raccoon City, la recensione: filologia videoludica e citazioni cinematografiche

    Nel reboot della serie cinematografica ispirata ai videogame, Johannes Roberts conferma molto del buono e dello stile fatto vede nel sequel di The Strangers, con un buon uso di tensione, spazi e luoghi. Peccato che la sua visione non sia stata più radicale.

    Reboot firmato da Johannes Roberts. E se, come è vero, Resident Evil: Welcome to Raccoon City nasce con l'intento di (ri)portare la saga cinematografica alle origini di quella videoludica, come trama e come atmosfere, e nello specifico a quella dei primi due giochi della serie, diciamo che l'intento pare decisamente riuscito.

    Fuori la Alice dalle capacità sovrumane della Jovovich, dentro gli umanissimi (in tutti i sensi: come capacità e come psicologie) protagonisti dei videogame: la Claire Redfield di Kaya Scodelario, suo fratello Chris (Robbie Amell), Jill Valentine (Hannah-John Kamen), Wexler (il fisicatissimo Tom Hopper), Leon S. Kennedy (Avan Jogia) e altri ancora, compreso William Birkin come villain della Umbrella, interpretato da Neal McDonough.
    Soprattutto, via Paul W.S. Anderson e dentro Johannes Roberts, che è quello di 47 metri, ma soprattutto di un sottovalutatissimo horror come The Strangers: Prey at Night.

    Oltre a riproporre lo stesso intelligente uso delle musiche (lì anni Ottanta, qui di fine anni Novanta come da setting: questo Welcome to Raccoon City è tutto ambientato nella notte tra il 29 e il 30 settembre 1998), di The Strangers: Prey at Night Roberts riprende anche l'uso intelligente di spazi e tempi per generale la tensione (notevole nella prima parte), nonché un certo qual gusto per l'inquadratura e la scelta delle immagini. Ma, soprattutto, il gusto per un citazionismo horror che non è mai troppo sfacciato e che si impasta e amalgama senza contrasti con una filologia residenteviliana che si esprime non solo nei personaggi, ma anche nelle location (la stazione di polizia di Raccoon City, l'orfanotrofio e Villa Spencer sono le ambientazioni principali della storia) e ovviamente il design delle creature.

    Se nel sequel di The Strangers Roberts aveva inserito rimandi ai capisaldi dello slasher Venerdì 13 e Halloween, ma anche Non aprite quella porta, qui si diverte a citare a modo suo, e non solo nella trama, La città verrà distrutta all'alba di Romero. Il REC di Paco Plaza riecheggia invece in molte scene ambientate a Villa Spencer, mentre nel finale viene esplicitata - anche nei synth della colonna sonora - una matrice carpenteriana che era stata sempre presente sottotraccia e che viene da film come Distretto 13 e Fuga da New York. E non c'è mai supponenza, in questo gioco citazionista, ma solo la voglia di giocare - appunto - col cinema.
    Peccato che Roberts non abbia trovato la forza per imporre una visione più radicale di Resident Evil: Welcome to Raccoon City, che pure sta tutta lì in potenza in molte scene e sequenze, e di limitare invece il gioco citazionista con il videogame. Perché la resa cinematografica di creature come il Licker o il G, che il regista sia Anderson o Roberts, o qualsiasi altro, sarà sempre piuttosto baracconesca.
    Così, Resident Evil: Welcome to Raccoon City è un film divertente e poco altro: con pià rigore sarebbe potuto diventare un horror di tutt'altro livello.

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    Stavo pensando che noi queste storie le abbiamo giocate, quasi vissute :D

    Mentre ora chi vuole può godersele sul divano mangiando pop corn, non va bene :P
     
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1 replies since 24/11/2021, 00:38   34 views
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